giovedì 18 dicembre 2008

"Sticazzi" e "mecojoni": una questione filologica

E' noto che le lingue cambieno, si evolveno, si trasformeno, si contamineno: la ggente si incontreno e così le parole di un dialetto si diffondeno anche presso quelli che ne parleno un altro.

Però non sempre quelli che adotteno le parole degli altri le capischeno suBBito, così si sente usare certe espressioni in modo non coRetto.

Per esempio: uno degli effetti della (immeritata) fama di certi personaggi provenienti dalla mia città, LA città, è che adesso sento usare perfino in toscana la ben nota espressione "sticazzi", che è tipicamente capitolina: peccato però che per lo più la si usi in modo iNproprio.

"Sticazzi", infatti, contrazione evidente di "questi cazzi", è un tipico esempio di linguaggio neutro maschile: cioè il punto di vista parziale di uno dei due sessi che si afferma, o viene fatto affermare come neutro ed universale.
In questo caso specifico, significa che dal punto di vista del maschio il cazzo è cosa di poco conto: ce l'hanno tutti e non è oggetto di desiderio da parte sua (l'unico apparato riproduttivo che considera importante è il proprio, e ci tornerò), ed è anche per questo che una cosa bella è una "ficata" (il punto di vista omo, nella cultura popolare-dialettale, viene del tutto ignorato).

E' quindi sbagliato usare "sticazzi" nel senso di "accidenti!", "però", o per commentare qualcosa di eccezionale: "sticazzi" infatti significa "e chi se ne frega".
E' come se uno dicesse ironicamente "e non aggiungi questi cazzi, cosa poco importante, alla cosa poco importante che hai appena detto?" oppure "a proposito di cose trascurabili, perché non parliamo anche di questi cazzi?".

Se invece si vuole commentare qualcosa di eclatante, in senso sia negativo che positivo, comunque clamoroso, si usa "mecojoni", che è contrazione di "i miei coglioni", ovvero parte dell'unico apparato sessuale maschile che, come ho detto, l'uomo considera importante: è questa l'espressione che si usa per dire "ma dai! davvero?"
Rispondere con quest'esclamazione è come dire "per i miei coglioni", come si dice "per Giove": è un modo per dire che ciò che abbiamo appena sentito, o visto, merita di essere commentato nominando qualcosa di MOLTO importante, come appunto ogni uomo ritiene siano i propri coglioni.

Perciò:
-Briatore va in vacanza a Cortina
-E sticazzi

-Montella al dderby ha fatto 4 gol
-Mecojoni!

Capito?

(la seconda puntata qui)

AGGIUNTA: Accolgo il prezioso suggerimento di Arcomanno ed aggiungo questo spettacolare video esplicativo:

La rivincita!



Dopo questo stavolta tocca a noi! Con tanto di lavoratore disegnato su uno sfondo coi colori della bandiera dell'URSS!

martedì 14 ottobre 2008

Fl-ORRI-legio

Gentil lettore de sta ceppa di rete (traduzione di web-log, da cui "blog"),

quanto oggi vo a proporLe è un florilegio dell'italica arte del verso. Poiché la strada della virtù passa per quella dell'errore, proporrò soprattutto esempi esecrandi di arte definibile solo come disgraziata e criminosa, a perenne monito dei nefandi effetti che sortisce la pratica del verso non sorretta da virtute e canoscenza.

Un buon inizio potrebbe essere costituito da questi -purtroppo- immortali versi attribuibili al Bigazzi, noto delinquente della parola, che ha perpetrato i suoi horrendi delitti in complicità in questo caso di tale Tozzi Umberto:

Fammi abbracciare una donna che stira cantando

che già è brutto forte, ma non quanto

apri la porta a un guerriero di carta igienica

E ancora non è nulla: sempre lo stesso Bigazzi (credo) si è reso capace, in complicità con un innominabile cantante sul quale torneremo più avanti, di

Ma se Dio ti ha fatto bella
come un ramo di ciliegio
tu non puoi amare un tarlo
tu commetti un sacrilegio


Se questi sono i risultati della scolarizzazione del popolo ci sarebbe di che augurarsi un ritorno all'analfabetismo di massa persino più esteso dell'attuale, visto anche che questa non è l'unica bruttura della lirica (di un'altra in particolare riparleremo); ma il dio Apollo in persona evidentemente sta cercando di farci scontare qualcosa, così la sequenza non è finita.
Personalmente ritenevo che il fondo della storia -altrimenti nobilissima- dell'italica poesia si fosse toccato con

Servi della gleba a testa alta
verso il triangolino che ci esalta


versi la cui bruttezza e tristezza non possono essere adeguatamente analizzati nello spazio tiranno di un blog. L'unico commento possibile è che ci auguriamo un ritorno veloce del compagno Zdanov nonché un rapido ripristino di quelle mai troppo rimpiante funzioni socio-educative della Siberia, al fine di ottenere giusta vendetta per siffatto affronto estetico.

Ma pur sapendoti, gentil lettore, duramente provato da quanto finora letto, non posso poi esimermi dal ricordare un passo dell'innominabile sopracitato, passo che nel suo orrore evoca un tale titanico squallore da assurgere a una sua pur malata grandezza:

Sarai sola contro tutti
perché io non ci sarò
quando piangi e lavi i piatti
e la vita dice No


Una potenza icastica raggiunta raramente, non c'è che dire. Guccini, per descrivere qualcosa di paragonabile, ci ha messo tutto il testo di Il compleanno (per verificare, cliccare quine ).

Citerò poi per inciso la degenerazione di un passo del sommo Giacomo Leopardi, ad opera dell'accolita canterina nota col nome di Matia Bazar, ossia:.

Fare il conteggio dei giorni passati
scoprire adesso che non sono sprecati
e che tu sei sempre viva e presente
ora come allora tu sei mia nella mia mente


dove la stagione "presente e viva" del bardo di Recanati diventa, ohibò, un'amichetta "viva e presente".
E non si dubiti della pertineità dell'accostamento tra il divin Giacomo e costoro: essi, non contenti, ribadiranno la loro passione per il Sommo col brano Vaghe stelle dell'orsa (dove nell'accostarsi a Recanati non andranno oltre il titolo, certo, ma intanto fanno due).

Passando oltre, possiamo poi dimenticare Giulio Rapetti, in arte Mogol? Ahimè no: un passo quale:

Non piangere salame
dai capelli verderame
è solo un gioco


dimostra inequivocabilmente, qualora ce ne fosse bisogno, l'indiscussa superiorità dei dischi che il Lucio reatino realizzò complice quel Pasquale Panella che si presentò con

In nessun luogo andai
per niente ti pensai
e nulla ti mandai
per mio ricordo


e citiamo anche

Su un dolce tedio a sdraio
amore ti ignorai
invece costeggiai
i lungomai


Altra classe, non c'è veramente che dire.
Nominate di sfuggita le incresciose

mani cucciole

cantate dal temibile Nek (mi segnalano che in terra di Liguria "necco" indica persona di scarse capacità intellettive, e non aggiungo altro);
dicevo, citato en passant quest'altro crimine, passo al passo che a mio parere merita l'infamia somma, l'esecrazione dell'umanità tutta, l'universal ludibrio, la bocca di Satana nello Stige.
Ad opera dell'innominabile di cui sopra, dal brano Bella stronza (che come se non bastasse già conteneva il passo del ciliegio), ecco i versi che gettano fango indelebile sulla tradizione poetica di una nazione intera:

Mi verrebbe di strapparti
quei vestiti da puttana
e tenerti a gambe aperte
finché viene domattina


Sì, certo, nei versi successivi ritratta, ma ormai la frittata... chi scrive si sta ancora chiedendo cosa facesse la polizia il giorno che è uscito questo disco: e poi dicheno che dovremmo sentirci protetti... mah. Però dovremmo anche chiederci dove eravamo noi, che in quanto contemporanei dovremmo in qualche modo sentirci responsabili di questa nera pagina della nostra storia -benché poetica, sempre storia è.

Tutto questo può sembrare troppo per un post solo, e c'è il rischio

di gettar definitivo disdoro
sull'italico territorio canoro;

ma nonostante quanto ahimè visto invito ad esplorare comunque l'ausonia discografia. Se infatti da una parte sono certo che ci aspettano ancora perle preziose nascoste nei recessi di polverosi e gracchianti 45 giri, dall'altra escludo ci si possa imbattere di nuovo negli abissi (o i vertici?) di obbrobbrio toccati nell'ultimo passo, e dunque possiamo proseguire senza la paura di incocciare in qualcosa di peggio, che non ritengo esista in natura.
Cerchiamo dunque nel passato senza paura: saremo più vigili in futuro!

venerdì 10 ottobre 2008

Il punto più alto

Ritorno frivolo sul blog: parlo infatti di "Un posto al sole", serie che più che prendermi mi ha accerchiato.
Sorella, fidanzata, padre, amici (benché comunisti - ma deve aver fatto da traino Blob: per mia sorella sicuramente, probabilmente anche per gli altri).
Da quando convivo non me la scampo più, e alla fine, pur tra mille momenti trash, la trovo anche divertente.

Non l'ho vista chissà quanto, ci sono annate intere che ignoro (e senza rammarico); oltretutto, da quando lavoro la sera me lo perdo almeno quattro volte su 5.

Ma per fortuna stasera l'ho guardato, perché probabilmente ho visto il punto più alto della serie, meglio anche di quando apparve Lucarelli nella parte di sé stesso: il personaggio più folle della serie è in punto di morte e le appare proprio lei, la morte, interpretata nientedimeno che da AMANDA LEAR!! Il dialogo è notevole (poteva essere meglio, ma è pur sempre Un posto al sole), con tanto di "parafrasi" (vabbè...) di Majakovskij da parte di Sabrina, che "traduce" così la chiusa della poesia che il grande Vladimir dedicò a Esènin: "morire è facile, è vivere che è un casino".
Poi certo, le trashate non sono mancate di certo neanche stasera, ma comunque grande puntata, davvero. Il giorno poi che decideranno di farne dirigere una a Lynch (magari una con Ferri...) sarà l'apoteosi.
Per ora teniamoci questa notevole AmOnda...

martedì 9 settembre 2008

Una bella campagna

Campagna sacrosanta, e poi anche per mettere un immagine ogni tanto su sto blog de piombo.

un dito per maroni

martedì 2 settembre 2008

Ma... no, eh?

Emozioni di qua, emozioni di là, e questa serie promette grandi emozioni, e aspettiamo un campionato di grandi emozioni, e la musica deve dare emozioni, e ovunque emozioni, emozioni:

ma qualche ragionamento, ogni tanto no, eh?
Così, eh, tanto per variare, invece delle onnipresenti emozioni...

Versi altrui

...intanto, alcuni con le cerbottane
sono tornati da una gita nelle campagne
Non vi hanno trovato granchè:

Soltanto un profumo perduto
e la neve annerita dal fumo

Soltanto un profumo perduto
e una vescica profonda sul sole!

YYM-Andeira

mercoledì 23 luglio 2008

Né con

Una canzoncina scritta tipo un paio abbondante di anni fa (leggo ora: novembre 2005), parla di false alternative (e della necessità di una figura come quella del buono manesco). Si intitola come il post.


Amico, te lo dico,
che me so’ rotto li co
mi guardo intorno e Urca!
Croci, stellette e burqa

‘sti religiosi tristi
mi squassano i maron
mai con gli integralisti
né con i neo-con!

Tra il muro e i carri armati
lì non fanno più vita
però se provi a dirlo
sei un antisemita

Non amo, no, i sionisti
seguaci a Ben Gurion
mai con gli integralisti
né con i neo-con.

Che poi parlan di “vita”
altri figuri tristi
che sfruttano, che inquinano
e so’ anche antiabortisti

sti americani tristi
mi spaccano i maron
mai con gli integralisti
né con i neo-con.

Non è tanto il futuro:
è il presente che è nero
pistola sulla tempia
del libero pensiero

ai tristi oscurantisti
rispondo col baston
mai con gli integralisti
né con i neo-con.

È sempre stato il caso
ma adesso lo è di più
di combatter “this sickness”
e di trovare “a cure”:

mai più timidi e tristi
per colpa di baffon
EVVIVA I COMUNISTI
E LA RIVOLUZION!



La musica è così: una strofa con questa melodia



e una con questa:

venerdì 4 luglio 2008

Il dono della sintesi - i Righeira

Il trash revival ci ha un po' stufato: e lo dico da fondatore.
Già, da fondatore (con mano sul fianco, petto in fuori e indice roteante).
Sebbene mi si siano incu... ahem, filato in pochi
(ma a Pisa tanti, qualcuno ancora me lo dice, bella la nano-notorietà, eh? senza nulla togliere, ovvio, ai miei splendidi fans - che almeno ho, e non è poco),
dicevo, prima della super parentesi, sebbene a livello nazionale non mi si sia schioppato nessuno, sono stato uno dei fondatori del trash revival.

O meglio: ho colto anche io l'onda, un attimo prima che arrivasse: erano infatti i primissimi anni '90, e dalle conversazioni col Sommo e con la Bardi rivennero fuori dalla memoria le canzoni folli che andavano in classifica negli anni '70 (attenti al decennio, poi ci torno) e decisi che nelle mie serate da dj avrei dedicato uno spazietto a questi simpatici obbrobbri, un po' allo scopo di divertirmi/ci con l'estetica del brutto, un po' come monito: come dire "all'epoca queste canzoni erano considerate fighe e adesso ne ridiamo, quindi occhio a comprare i singoli pop di oggi, perché potrebbe finire allo stesso modo".
Così tra gli insulti di qualche rockettaro duro e puro che non capiva come potessi io passare dall'ortodossia rock delle mie scalette a quella robaccia (che all'epoca, tipo nel '91, era tra l'altro più vicina cronologicamente di quanto non sia vicino Nevermind a oggi) e l'apprezzamento di un amico che aveva fondato l'Arcigay a Pisa, il quale mi nominò praticamente dj ufficiale delle loro feste (per la serie: ma quali ghetti, l'ArciGay ha un dj etero) questa sezione delle mie serate si espanse, specie nelle suddette serate ArciAllegre.

(Inciso: non era tutto sterco -benché amabile- quella musica: in mezzo ci ho riscoperto un genio come Rino Gaetano, del quale all'epoca non si trovavano nemmeno i dischi, altro che fiction tv, e un gruppo pop geniale -ancorché con testi spesso da schiaffi- come i Matia Bazar, e altre amenità).

Poi arrivarono Anima Mia, Meteore e altro, e mentre io facevo feste per poche decine di migliaia di lire (benedettissime, visti i chiari di luna dei miei anni 1988-2007, ma poche rispetto a... ->) a Roma la coppia di dj detta Torretta Style (o Toretta? la pronuncia coRetta sarebbe queSSa) si faceva d'oro con queste serate.
E mi sa che abbiamo più o meno iniziato insieme: quando li vidi al Forte Prenestino loro non erano ancora star e l'irruzione della monnezza nelle mie scalette era avvenuta da poco. Come manager di me stesso faccio schifo, lo dico sempre.

Insomma, poco tempo dopo questo tipo di revival si è stradiffuso, anche se tendenzialmente più orientato agli anni '80. E questo è importante, perché mentre gli anni '70 erano talmente folli che perfino certo pop risentiva del clima dell'epoca, gli anni '80 erano molto più normalizzati anche da quel punto di vista, e il revival 80s è per lo più il prosieguo del revaivol disco-settanta: roba per lo più da discoteche facili, da animazione campeggio.
Poi certo, anche negli anni '80 c'era della follia (elemento imprescindibile per un trash revival con tutti i sacramenti), anche quello si può fare con spirito arguto e grano salis, tutto quello che ve pare, ma è ovvio che -certi- '70, sono una cosa e gli '80 un'altra.

Di quest'altra, gli '80, uno dei gruppi simbolo furono i Righeira, che sull'onda del revaivol sono stati ovviamente rivalutati, al punto che l'anno scorso hanno pubblicato un disco nuovo.
Musicalmente siamo sempre lì, più o meno; ma i pezzi non sono orrendi come quelli vecchi, e soprattutto un tempo non scrivevano cose come questa:

Il destino di una nazione
si decide alla televisione
Dipende tutto dalle riprese
il futuro di un paese

Il destino di una nazione
dipende tutto dalla religione
Si gioca tutto nelle chiese
il futuro di un paese

Digitale informazione
per milioni di persone
Nell’elettrica finzione
la tua intima adesione

Il destino di una nazione
dipende tutto dalla persuasione
Il messaggio promozionale
anche se subliminale

Il destino di un grande stato
si decide al supermercato
dipende tutto dalle pretese
il bisogno di un paese

Digitale informazione
per milioni di persone
Nazionale popolare
viva il centro commerciale

(copyright dei Righeira, ovvio)

Un testo che ha lo stesso potere di sintesi dell'oggi che a modo suo aveva "Vamos a la playa - oh oh oh" rispetto agli anni '80, o di sintesi in generale che aveva "l'estate sta finendo un anno se ne va": l'essenzialità assoluta, che a quanto pare non hanno perso (e che io non ho per niente: doveva essere un post breve).
Specie il verso sulle pretese è geniale, visto il tasso preoccupante di trasformazione in barbari presuntuosi dei cittadini (plebe, meglio) dello stivale: i due sembrano quasi tornati ai loro esordi simil-punk (nel suo primo 45 giri Johnson Righeira era accompagnato dagli Skiantos, miKa Kazzi).

Il trash revival, insomma ci ha stufato, ma ogni tanto porta delle gradite sorprese, ogni tanto il pop riesce a raccontare bene l'oggi, pare.
Quantomeno meglio di Ernesto Galli Della Loggia di quei destri di Repubblica.

venerdì 13 giugno 2008

Il fattore K

Allora: ho messo un po' di linkz qua accanto, altri ne aggiungerò.
Uno di questi, Proesie, è un triMbuto al Sardelli del Vernacoliere realizzato da un autore che scrive nello stile del geniale Federico, e gli viene anche bene.
Un bel blog, sul quale però una volta ho avuto un piccolo malinteso con il titolare e i suoi lettori-commentatori, che mi ha portato alla riflessione (imperdibile, va da sé) che seguirà.
Fu una volta in cui, come fanno gli altri lettori che commentano, ho risposto a un post utilizzando l'ortografia alterata tipica dello stile pRoetico e mi è skappata una K che ha suscitato polemiche e risposte aspre, del tipo "no, la k pure qui no" e simili, una specie di "vade retro, satana che stai inquinando questo luogo con la grafia da sms".

Eh no.

(gliel'ho anche spiegato, ma non ci hanno sentito).

No no.

Chiariamo subito:
c'è K e K, non sono mica tutte uguali.
Nella fattispecie una è la K da sms, l'altra quella da kontrokultura: la prima giovanilistica da anni 2000, l'altra punk, Bologna '77, gli SKiantos: ekkekkakkio!!
Lì mi mancò di dire che il k aberrato, quello da sms, in genere va a sostituire un "ch" per risparmiare spazio ("ti kiamo", "ke fai", ecc...), mentre l'altro lo si trova anche prima delle A delle E e delle U.
Per Kapirci: un giovane d'oggi non scriverebbe KontroKultura: intanto non sa cos'è (figuriamoci) e poi non gli farebbe risparmiare spazio, non gli interesserebbe.
Mentre è vero che nel '77 si trovano delle K al posto del "ch" (vedi appunto, "Skiantos), ma era una Konseguenza inevitaBBile della mania di metterla ovunKue.
Spirito diverso dunque, completamente.
Niente, non ce l'ho fatta a convincerli: ci riprovo qui e ora, chissà...

Ah, e poi: e quella di Diabolik dove la mettiamo?

martedì 10 giugno 2008

Un affare....

Io e fidanzata di solito, più che guardare la tv, preferiamo i dvd.
In particolare le serie: dopo le prime tre stagioni dei Griffin e dopo Carnivale, ora stiamo guardando Friends e Twin Peaks in inglese.

Ieri sera, però, abbiamo preferito guardare la Nazionale italiana di calcio, e ci è andata bene:
infatti, Twin Peaks non ci avrebbe mostrato la stessa quantità di orrori, mentre Friends fa ridere, ma mai quanto la difesa dell'Italia ieri sera.

Come diceva quello convinto che gli uccelli avessero l'uccello, due piccioni con una fava....

giovedì 29 maggio 2008

Ormai è terrore...



Saggezza popolare vista per strada.... (a Viareggio, per l'esattezza)

domenica 25 maggio 2008

La Nazionale Italiana di calcio contro Syd Barrett - Riciclo 2

Altro articolo vecchio ritirato fuori dal cassetto e, dopo revisioncina, pubblicato.

Forza Syd!


LA NAZIONALE ITALIANA DI CALCIO E SYD BARRETT

Storia di un conflitto pluridecennale.


Riuscite a immaginare due cose più lontane tra di loro della catenacciara, sparagnina, opportunista e furbetta Nazionale italiana, e la fantasia libera e gioiosa, refrattaria alle dinamiche dell'industria musicale dell'artista Syd Barrett?

Da una parte la rappresentativa pallonara azzurra raramente ha offerto calcio spettacolare, raramente è entrato nel cervello dei suoi allenatori e giocatori che vince chi gioca "bene", e che "bene" può anche significare "bello": in fondo, per fare bel calcio devi essere bravo, e chi è bravo vince.
Macché, nulla di tutto questo, salvo rari casi: un Rivera o un Baggio ogni tanto, un Mazzola o un Bruno Conti come scogli che emergono da una storia fatta di squadre concrete, efficaci, preparate sì, ma sempre più attente intanto a non prenderle e poi si vede, prima il risultato poi, forse, il resto. E certo, quattro titoli mondiali, ma due nella notte dei tempi e due contro ogni previsione, frutto di sorprendenti miracoli contro squadre di ben altra levatura (dal vago sapore di fregatura ai danni di queste) nell'82 e di un calendario fortunato stavolta, superato comunque con più di qualche patema e grazie alla necessità di dover salvare la faccia, oltre che col solito gioco stentato.

Dall'altra l'ex-leader dei Pink Floyd, artista che un tempo sorrideva sul mondo con gioiosa follia e che mal si adattava ai meccanismi stritolatori dell'industria discografica e alle sue pressioni, praticamente l'opposto (un'altra musica, è il caso di dirlo).

(Il resto, la retorica del maledetto bruciato dalla sua stessa eccezionalità, col suo ovvio contorno di facili riduzioni alla semplice questione droga degli squilibri che lo portarono prima ad essere allontanato dai Pink Floyd, e successivamente al ritiro nel totale isolamento, è pura spazzatura: Syd Barrett era personalità fragile e afflitta già dall'infanzia da qualche turba, "preso nel fuoco incrociato dell'infanzia [nel senso di innocenza] e della fama", che non resse lo stress di un ambiente il quale, una volta scoperto che gli spontanei parti della fantasia del giovane fruttavano grana sonante, voleva metterlo a produrre uova d'oro a cottimo. E come la gallina della famosa fiaba fu uccisa dall'avidità di un padrone miope che non sapeva accontentarsi di quanto l'animale produceva spontaneamente, Barrett (aiutato anche dalle droghe, certo, ma non solo) intraprese il percorso di nevrosi che il suo ex-bassista Roger Waters ha mirabilmente delineato in The Wall. E il fatto che, contrariamente a certe voci, una volta abbandonata l'industria discografica se ne sia stato tranquillo dimostra che forse le colpe dell'LSD questa volta sono relative, e che riuscire a pensare contemporaneamente all'arte e al denaro è un talento che non hanno tutti.)


Una squadra e un artista del genere, pur agendo in due ambiti apparentemente incomunicabili, non potevano che essere in conflitto: e infatti un confronto tra le date dimostra che, in qualche modo, anche a distanza, si sono fatti guerra davvero, e che i trionfi dell'uno coincidevano con gli smacchi dell'altra.

Leggere per credere:


1962: Intorno a quest'anno Syd Barrett sta imparando a suonare la chitarra che diventerà il veicolo principale della sua arte. La Nazionale Italiana in qualche modo lo sa e in Cile viene eliminata a cazzotti da una squadra più brutta e cattiva di lei (quasi un contrappasso).

1966: I Pink Floyd stabilizzano l'organico, suonano stabilmente in giro e trovano un manager e un contratto discografico, quindi l'Italia rimedia la storica figuraccia della sconfitta contro la Corea.

1968: Syd Barrett comincia a dare segni di squilibrio e il 6 aprile è ufficialmente fuori dai Pink Floyd. Due mesetti scarsi dopo, l'Italia vince il campionato europeo di calcio, un po' a fatica: ci vogliono una monetina fortunata e una finale ripetuta due volte, segno che le sue sorti e quelle del musicista inglese devono alternarsi per forza.

1970: Barrett pubblica non uno ma DUE dischi da solo, e suona anche nelle Peel Sessions alla BBC. E così la Nazionale Italiana, nonostante abbia in squadra non UN campione del calibro di Mazzola o Rivera bensì TUTTI E DUE, e nonostante sia forte al punto di compiere la storica impresa del 4-3 alla Germania Ovest, perde la finale contro il Brasile (si, ok, c'era Pelè, ma sicuramente è stata colpa del momentaneo ritorno di Barrett).

1972: Syd, pur senza molto successo, riprova a suonare dal vivo. L'Italia di calcio, perciò, non ritiene opportuno bissare la precedente bella prova al campionato europeo e va fuori ai quarti.

1974: Eliminazione tristarella per la Nazionale italiana ai mondiali di Germania, non particolarmente eclatante. Barrett perciò l'anno dopo si fa rivedere dai suoi amici del gruppo, che hanno appena finito di registrare Wish You Were Here.

1978: Bilancio contrastante per Barrett: Roger Waters praticamente gli scrive un disco, il suddetto The Wall (che uscirà l'anno dopo), ma pur di farlo di fatto spacca i Pink Floyd. E anche l'Italia fa una buona figura ai mondiali Argentini, ma la eliminano prima della finale.

1982: Dopo che il musicista aveva provato a tornare a vivere a Londra, tornandosene dopo poco tempo a casa, e dopo anni che non rilasciava interviste, due giornalisti lo scovano e lo sputtanano per mezzo mondo, pubblicando foto che lo mostrano grasso e pelato e riferendo conversazioni sconnesse. Uno scoop probabilmente falso, almeno in parte, ma talmente clamoroso che l'Italia, dopo 44 anni rivince un mondiale.

1984: Esordisce il gruppo scozzese Jesus and Mary Chain con un singolo che ha sul lato b una cover dell'inedita Vegetable Man di Barrett. L'Italia campione del mondo neanche si qualifica agli europei di Francia.

1988: Esce la raccolta di inediti di Syd solista Opel attesa da anni, e l'Italia si fa sbattere fuori dalla nazionale di un paese, l'URSS, che due anni dopo cesserà di esistere.

1990: Nessuna notizia di Syd Barrett. L'Italia gioca i campionati del mondo in casa, e non sapendo bene cosa fare in semifinale ci arriva, ma poi perde ai rigori con l'Argentina.

1992: A Syd Barrett offrono 75.000 sterline per incidere quello che gli pare, e il signore declina. Però ristampano i suoi album con aggiunte, e perciò l'Italia all'europeo nemmeno si qualifica.

2001: Antologia di Syd Barrett con una canzone inedita, in realtà nota da anni sui bootlegs. L'Italia prova a scongiurarne l'uscita arrivando in finale agli Europei del 2000, ma si fa beffare dalla Francia. Il disco esce, e perciò la Nazionale ai mondiali dell'anno dopo si fa eliminare un'altra volta dalla Corea (Moreno non c'entra nulla, probabilmente preferisce i Pink Floyd di Waters).

2006: Si chiude tristemente questa storia: Syd è malato di diabete, l'Italia trova chissà dove la forza di vincere il mondiale e, come spesso succede nella vita reale, la bruta concretezza vince mentre la fantasia, l'arte (sia pure ferme da decenni) devono abbandonare la realtà. Ahimè...



Ma la sua musica ha contagiato migliaia, milioni di artisti, in tutto il pianeta. E ai prossimi campionati del mondo sapremo quale nazione ha appreso più volentieri la lezione del magico pifferaio di Cambridge: Italia occhio, Syd è ovunque....

giovedì 22 maggio 2008

Elegia del rock di provincia - Riciclo 1

Nonostante io scriva col contagocce, ogni tanto mi parte la logorrea, e riesco addirittura ad avere degli articoli, o genericamente degli scritti, inediti.
Se no di solito languo, poltrisco e arranco: così, gli inediti tornano bene, perché da una parte nutrono il blog, dall'altra il blog dà loro la possibilità di essere letti (del tutto teorica: non ho idea del numero di visite che ricevo, ma tra me e Grillo non ci separano solo alcuni punti di vista, mi sa...).

Così, rivogo questo vecchio scritto, in cui tessevo le lodi del rock che ho sempre suonato: quello di base, quello marginale, quello squattrinato (ma mi rifarò con gli interessi: garantito che tra un anno all'Olimpico di Roma ci saranno un centinaro de mila persone adoranti, mettice la firma, che mi degnerò di accontentare solo se avrò finito gli scrutini: sono una persona (quasi) seria io, mica no). L'articolo nasceva da un concerto col gruppo precedente ai due con cui suono ora, in un'estate 2005 che non si era ancora colorata di buio pesto.

Così, eccolo:

CLEVELAND (OHIO) COME VARALLO POMBIA.

"Nel villaggio globale non si è più niente (...) l’unica cosa che ti collega al passato è la terra, dove ci sono le colline che ti osservano, dove ci sono le montagne che dominano, dove il vento soffia, dove ci sono gli alberi e i frutti, dove cresce l’erba. Tutte queste cose sono le uniche che non ti mentono mai" (David Thomas, intervista a Blow Up)

"Il rock consiste per lo più nel trasportare grosse scatole nere da una parte all'altra della città con la macchina" (Pere Ubu)

Sarebbe facile, arrivando per suonare in questo paese del Piemonte tra le colline e i fiumi, credere che qui non conoscano la consapevolezza fatalistica e ironica dei Pere Ubu; o che Ziggy Stardust sia arrivato soltanto come un'altra rockstar qualsiasi lasciando nei boschi circostanti lo specchio che un giorno mise davanti a quelli come lui, togliendogli buona parte dell'innocenza. Facile credere che qui il rock significhi ancora semplicemente corde pelli e valvole per la libertà, una fuga con rivoluzione in pochi accordi.

E' facile pensare che qui in provincia le novità arrivino poco dimenticando, oltre al villaggio globale, anche il fatto che in Italia qualche Michelangelo, se non da Pittsburgh, veniva da un paesino di nome Caravaggio, che il più grande poeta veniva da Recanati e Leonardo veniva da Vinci (e qui a Varallo P., per esempio, ci è nato Bertinotti...).

Quanto al rock, però, se si eccettua qualche cover più recente o più scafata, il nostro gruppo e quello dei ragazzi che gentilmente hanno risparmiato ai nostri amplificatori un viaggio di 400 km. sono sempre sulle covers, e per lo più anni '60-'70 come dei veri provinciali del rock.

Ma la provincia è uno stato mentale che alligna anche nelle metropoli, piene infatti di gruppi come i nostri. E hai voglia a dire che fare musica propria copiando i Television è un passo avanti rispetto a fare covers di Rolling Stones, Lou Reed, Iggy Pop, ecc..: sarà vero, ma non si può neanche dedurne che questa New York musicale sia poi tanto "new".

Provincia come luogo dello spirito, che neanche significa necessariamente conservazione e immobilismo, anche se è vero che ascoltare le canzoni degli Stones ha fatto sognare fughe, ma suonarle difficilmente ti porta lontano.

E poi come ignorare la poesia infinita di questo rock marginale, di base, fatto di spostamenti delle scatole nere nei luoghi dei concerti -per lo più improbabili e improvvisati-, degli amici convocati a forza al concerto (se suonano poi andrai tu a sentire il loro), del "finalmente il palco!", della felicità di una batteria che pesta alle tue spalle in una cover di Queen Bitch, mentre l'amplificatore trasferisce nell'aria col colore elettrico della furia le strutture create dalle tue dita, trasformandole da piccoli gesti silenziosi tracciati sul manico dello strumento nella grinta di un suono che, miracolo!, sembra quello dei dischi che hai adorato?

Anche la fuga è uno stato mentale, e nemmeno obbligatorio: può tradursi in uno sguardo diverso alla cittadina in cui vivi tutto sommato bene, perché riesci a goderne i pregi e a superarne i difetti. Può bastarti quell'attimo davanti al pubblico ogni tanto senza dover vendere per forza milioni di dischi o andare in città (magari a rischiare il destino di Syd Barrett...).

E quando la sera dopo vedo il gruppo dei nostri amici che, dopo aver -guarda caso- aperto il concerto proprio con Ziggy Stardust, radunano sul palco tutti i membri dei loro vari gruppi per una jam finale, quando vedo il secondo batterista che si mette in piedi accanto all'altro e comincia a pestare selvaggio sul timpano l'attacco di Sympathy for the Devil come se col tam-tam chiamasse a raccolta tutta la giungla, non sono più da nessuna parte, tra le scatole nere e le colline non c'è più nessuna differenza, e in testa cominciano a risuonarmi le parole di un'altra canzone: Hey hey, my my...

mercoledì 14 maggio 2008

Io e il Creatore

Io a Dio non ci credo. Ma non come il bambino presuntuoso della battuta, quello che diceva "Credere è una parola grossa, diciamo che lo stimo molto": no, proprio non ci credo, e pure come stima pochina.

Lui lo sa; e ci si incazza. Anzi, ci si incazzava perché negli anni il furbone ha cambiato strategia.

Il quale furbone, coLui che tutto move, aveva pochissime speranze da subito: sono cresciuto in una famiglia più o meno atea, e andavo in chiesa solo a Natale e a Pasqua, con i cugini, come tradizione e cosa sociale, e perché la chiesa era sotto casa (la mitica Santa Maria in Publicolis, nel quartiere ebraico, dove la mia famiglia ha abitato a varie riprese pur essendo gentile, il che già indica un rapporto con la religione un po' sui generis), e dopo giocavamo un po' in strada, tempo permettendo. Finita l'infanzia, finì pure questa tradizione.

Così l'Onnipotente-ma-evidentemente-non-Onniscente cominciò coi metodi subdoli: verso i 9 anni, due dei tre cugini con cui scendevamo a messa a Natale fecero la festa per la comunione. Io e my sister andammo, rimanendo basiti davanti ai numerosi regali che i due avevano ricevuto come celebrazione del loro ingresso nella comunità dei fedeli in Cristo.
Davanti a tanta copia, materialisticamente e poco -molto poco- religiosamente, 'sta comunità comincia a sembrarci interessante: così chiediamo notizie e veniamo a sapere che il biglietto di ingresso consiste in tre, dico 3, anni di catechismo. Un'eternità... ah, ah, ah...

L'entusiasmo, di conseguenza, scema, e a questo punto mi pongo la grande domanda: ma io a Dio ci credo o no? Perché a quel punto la questione quella era, non altre. Ci penso un po' e decido di no.

Da allora non ho più cambiato idea, anzi, la lettura di Nietzsche ha dato il colpo di grazia al cavallo già morto della mia fede, con buona pace del furbone con la barba bianca.

Il quale ogni tanto mi appare, o almeno ci prova: nella sublimità di certi dischi, nelle linee di certe fanciulle, ma niente: continuo ad attribuirle all'opera del genere umano, imperterrito.

Oppure prova ad apparirmi in certe accoppiate cielo-paesaggio davanti alle quali, però, mi viene da dire più "madoooonna..." o "ggiesù!" che non Dio. Quindi...

Di persona, mai: e sì che mi metterebbe in difficoltà: intanto dovrei capire quale delle tre persone ho davanti (a occhio dovrebbero riconoscersi, ma hai visto mai...), e poi a quel punto le cose sarebbero due, ovvero o ho sbroccato, o esiste.

Ora magari si giustificherà dicendo che tanto è tutto deciso, che se nel Libro è scritto che io non devo avere la fede non ce l'ho, che non si scomoda di persona per un miscredente qualsiasi, che alla fine cazzi miei, che il libero arbitrio, che ecc, che bla...

Tutte scuse, barbùn, sei come Dylan: non ci sei.

E tra i due, preferisco lui, che due volte dal vivo, almeno, l'ho visto (e scrivila Just Like A Woman, furbone, se sei tanto bravo).

lunedì 12 maggio 2008

Izz camin

Bon.

ci siamo.

concentrazione...

un respiro profondo....

neuroni in avvio....

pronti?

partenza?

via, oggi però no.

non me va.

appena ci SONO, inizzio (sì, iniZZio) sta storia del blog.

sarà a breve:

izz camin.....