martedì 26 luglio 2011

In morte di una cantante che non amavo

Sarà che sono un musicista fallito, ma penso che fare un disco sia, nonostante le recenti rivoluzioni tecnologiche, ancora un grande traguardo, e venderne tanti è veramente il classico colpaccio, qualcosa da tenersi stretto e non mollare; e che se capitasse a me vivrei nel terrore di fare la minchiata che mi farebbe perdere una siffatta fortuna. Magari invece chi l'ha ottenuto vede più lucidamente e pensa che le cose importanti siano altre, e vendere dischi sì, ok, bello, ma ha altro per la testa che il successo (anche perché magari se lo merita, lo sa, e quindi considera naturale averlo).
Sarà perché sono alternativo/romantico, ma chi decide di buttarlo via per seguire una propria espressione artistica più personale e meno ossequiosa del mercato lo capisco, chi spreca ciò che sogna una buona percentuale di quei milioni persone comuni che a un certo punto si comprano una chitarra no.
Sarò represso io, e invece la vita si vive al massimo, nell'arte e nel resto, con coraggio - perché anche per l'autodistruzione ci vuole coraggio: male indirizzato, ma ci vuole (forse più che coraggio è spinta, quella che quegli artisti incendiari nelle opere e pacifici nella vita hanno incanalato tutta nelle opere, che invece i "maledetti" distribuiscono tra vita e creazioni, e che i mansueti in tutti i campi non hanno proprio).
Non ho mai amato Amy Winehouse: la prima volta che vidi il video di Rehab non sapevo se mi stava più sulle scatole lei, la canzone o quell'insopportabile "no, no, no", così mi passò subito la curiosità di indagare oltre: sarà che un certo tipo di black music non mi prende più di tanto - ma gli esperti dicono che i suoi dischi, nel genere, siano di alto livello, e mi fido.
Sarò limitato ma mi chiedo: come si fa a sprecare questo traguardo? Oh, non ci arrivo. È la stessa domanda sortami nel '94: posso capire che anche uno nella posizione di Cobain possa pensare al suicidio, ma nel momento in cui lo tenti e fallisci ciò dovrebbe dare una scossa e rimetterti nei binari di una reazione. E invece, un mese dopo l'ha rifatto, riuscendoci.
Sarò semplicistico, ma allora mi risposi, e lo penso ancora, che evidentemente i problemi erano grossi davvero, e che non era una richiesta di soccorso come sono tanti tentati suicidi, ma un proposito lucido. E anche nel caso di Amy W. penso che i problemi fossero enormi, com'è abbastanza noto e come hanno dimostrato i fatti. Ma era inevitabile il finale?
Sarò ingenuo, ma qui la domanda mi viene da farla al manager, quello che dopo il disastroso concerto di Belgrado ha cancellato il resto della tournée perché ne aveva piene le balle: ok, ti sta sputtanando tutto il lavoro, mette in una posizione allucinante te e tutti quelli che lavorano intorno a voi (perché le strutture che gestiscono certi cantanti di successo sono da multinazionale), d'accordo; ma sei sicuro che sia stata una buona idea, ad una che vive di musica ed eccessi, togliere la musica (sia pure temporaneamente), che un minimo di filtro tra lei e l'autodistruzione lo faceva, lasciandola da sola con gli eccessi?
Certo, si può rispondere che non si ha voglia di giocare continuamente a quel tiro alla fune che è la gestione di una persona così, perché di tiro alla fune si tratta: non hai risolto mai, bisogna tirare sempre e se molli un attimo succede il casino.
Sarò minimizzatore, ma per me una situazione del genere oltre che un tiro alla fune è anche una guerra, nel senso che come tale è fatta di continue battaglie e ci sta di perderne qualcuna: non vuol dire aver perso la guerra né che a quel punto l'unica sia mollare (tra l'altro, a Belgrado era quasi naturale perdere, essendo quella la capitale di un popolo che su una sconfitta ci ha fondato l'identità: poteva anche essere l'occasione di imparare come si trae forza dallo scorno).
Oppure no: non è detto che sia necessario insistere, si può anche decidere di lasciare le persone al destino che si sono scelte; d'accordo. Basta però essere consapevoli che il risultato può essere anche questo, ossia di perdersela del tutto (e tanti saluti ai suddetti che lavoravano per lei): siamo proprio sicuri che sia/fosse il migliore? E che non fosse meglio uno sforzetto, insistere nel tiro alla fune, piuttosto che arrivare a questo?
Sarò banale, ma per me si poteva evitare.
Almeno, più questo che la strage in Norvegia, che tra il merdoso clima cultural-ideologico odierno e la follia isolata si preveniva molto male.
Ed è un peccato: sarò (anzi, sono) un bolscevico senzadio, ma direi che i dementi integralisti sono MOLTO peggio dei tossici e degli ubriaconi. Decisamente.