sabato 31 marzo 2012

Intellettuale pride


Come dire, a un certo punto uno si stufa di sentire in tv o sui media certe idiozie, o un clima generale di disprezzo. E allora un manifesto:

INTELLETTUALE PRIDE.

Per rallegrarmi l'animo, al mattino,
me schioppo un bel vinil di Brian Eno;
Sto bene e non mi girano i maroni
se un buon libro m'ha scosso un po' i neuroni;
mi dà letizia allegra e gioia pura
guardar quel poco in tv di cultura
e godo quale bimbo sulle giostre
tra presentazioni di libri e mostre.

Mi piaccion le cose dette di sguincio:
sollazzomi tra David Lynch e Pynchon.
Delle fanciulle saggio qual sia il conio,
le abbordo parlando di Gramsci Antonio[1];
e se affancul mi mandan, poco male:
io so' così, io so' intellettuale,
non è che l'amore non mi si indura
solo perché amo la letteratura,
e anche senza Soriano ho la passione
de ‘na bella partita de pallone.

Contemplo anche il semplice, mica no,
specie se prima ci ragiono un po':
se l'emozion mi passa pel cervello
lo trovo un po' più sano, un po' più bello,
quando il cervello attivo con vigore
so che il dì prenderà il verso migliore.

E chi sprezza il giudizio competente
dicendo "è meglio dir quel che si sente"
(come se coltivar sapienza e mente
fosse peggio che non sapere niente)
non amo: pur'io indulgo a dire "MITICO!"
talvolta, ma non per questo non critico
chi critica i critici, ché ben so
che esiston quello bravo e quello no
come gli artisti, d'altronde. E decido
ragionando, mi par giusto, e diffido
di chi parla soltanto d'emozioni:
pel bagno son di panza le reazioni.

Se a ragionare non fossimo buoni
adoreremmo ancor punzoni[2] i tuoni;
vivessimo solo secondo il cuore,
c'ammazzerebbe ancora un raffreddore;
e agir d'istinto non è molto allegro
se effetto ha di farti bruciare il negro.

Certo, se sei un valido intellettuale
sai che ci son la mente e l'animale,
la rabbia, il cuor, le viscere e lo scarto,
ma esprimole con specchi, di rinquarto;
e giudico con un certo stupore
l'insensato divider mente e cuore
- lo fa quella triste e atteggiona schiera
di chi, pur se non lavora in miniera,
ma scrive o filma, spregia chi gli è uguale
di fatto, spregiando l'intellettuale
(trucchetto per emerger sui colleghi,
di quarta lega: ma chi vuoi che freghi?).

Di menti se ne trovan d'alte e d'ime[3],
chi libera e chi è sgherro di regime;
ma, a stringer, si può dir che pe’ esser detto
intellettual, devi aver l'intelletto.
Non è snobismo, perché bene sai
che con gli snob, puah! non mi mischio mai;
benché mi vanti un po', ché non ho uguali:
so' intellettuale e non porto gli occhiali!

gennaio-marzo 2012

[1] Non sempre, anzi: è un esempio. Però una volta l'ho fatto davvero. [2] Inchinati a deretano per aria. [3] Basse.

giovedì 8 marzo 2012

La regina della notte


Questa è dedicata a una fanciulla che lavora presso una rotonda fuori Pisa. Buon 8 marzo.

LA REGINA DELLA NOTTE.

Ah! Povera regina della notte,
che piove e ti si bagnan le cosciotte
mentre aspetti chi te vie' a da' du' botte:
Ah! Povera regina della notte!

C'è un tempo osceno, ma ti tocca uguale
de lavora' fino al primo mattino;
stivali e rosso microvestitino,
bragia negli occhi e postura regale.

Quella rotonda non è certo un trono
ma l'aria da regina l'hai lo stesso:
comandi te, chi vie' a comprarti sesso
solo a lustrarti gli stivali è buono.

Perché lo sguardo fiero che dardeggi
nel buio notte/viso è da sovrana,
pur se ti mordon le chiappe le leggi
e di quaqquaraqquà triste fiumana.

Te sottomessa e messa sotto a questi
vol di' che 'st'epoca è di quelle strane,
vol di' che il tempo è di quelli funesti
e non solo in macchina va a puttane.

Chissà se atroce furia di vendetta
è quella che ti illumina gli occhioni,
insiem sovrana ebanea e poveretta
che vede transitar troppi coglioni

già vuoti - in testa, spettacolo fello*:
credono all'uomo forte, alle furbate,
ai soldi come viagra del cervello
e ad un miliardo d'altre puttanate.

Ma a me sembra anche assurdo che le arti
che s'usan quando sei davanti a tanta
bellezza, non servan, né corteggiarti:
è assurdo, basterebbe la cinquanta.

Pensa ch'io invece a cen t'inviterei,
facendo il lumacone ma galante;
la notte insiem me la conquisterei
e i soldi mollereili° al ristorante.

Ma non si può, non ti posso invitare,
ché mi risponderesti che è lavoro
per te; e rinuncio - non per il decoro - 
a un altro tuo cliente diventare

(come vi rinunciai già quella volta
che sulle Ramblas m'abbordò fanciulla
di rara beltà ed eleganza molta:
non me disse core, non colsi nulla).

Mi potrei raccontar di esser migliore
e che venir con me per te è un sollievo;
ma sarebbe scusaccia senza onore
che manco da me stesso me la bevo.

Così sol passo in macchina e t'ammiro;
scriverei qui, pe' aiuto ad andar via,
il nom d'associazion ch'a usci' dal giro
v'aiuta; ma tanto questa poesia

non credo leggerai, la vedo tosta
(benché son certo tra voi ci sian dotte):
sol dico a chi di notte vi si accosta:
"ONORA LA REGINA DELLA NOTTE!!!".


_____________________
* Brutto e triste.
° Li mollerei.

lunedì 5 marzo 2012

Nell'aria, canzoni

Non che mi interessino le feste religiose ma oggi, già 10 giorni dentro la Quaresima, si è concluso il Carnevale anche a Viareggio.
L'anno scorso di questo periodo, essendo io pigerrimo, NON scrissi un post che avevo in mente, che doveva chiamarsi On The Air e parlare di quattro canzoni che giravano nell'aria. Lo riprendo ora, visto che due erano le classiche canzoni del carnevale viareggino, tornate appunto on the air come sempre di questo periodo.
Una è Come un coriandolo, un 2/4 ultra popolare che ti si ficca al cervello in maniera assassina.
E a poco serve cambiare il verso "queel viso d'angelo / vorrei che assomigliasse un po' più a te" con "Giaaan-franco D'angelo vorrei che..ecc.": quando parte il Carnevale, che a Viareggio come detto dura più di un mese, è la fine: basta andare in giro e la senti ovunque. Quest'anno ci ha parzialmente salvato il gelo, che tenendo in casa teneva lontano da bar e diffusori pubblici, ma più di tanto non la scampi.
L'altra canzone carnevalesca non so come si chiami, ma il ritornello fa "Viareggio! Viareggio!", cosa che a me diverte perché mi torna in mente il racconto di un mio vecchio padrone di casa, Alfio buonanima, che una volta raccontò di essersi trovato costretto, mentre andava verso l'India, a fare uno scalo di 6 (sei) ore all'aeroporto di Bucarest. Siccome c'era ancora la cortina di ferro, narrava che per tutte le sei ore gli altoparlanti della sala d'attesa avevano mandato di continuo 'ste canzoni di regime che a sentir lui facevano tipo "Ceausescu! Ceausescu!".
La melodia che accennava raccontandoci l'episodio era tipo quella di "Viareggio! Viareggio!", da lì l'associazione - ma credo anche dalla pari molestia.
La terza canzone era quella Hello! di Martin Solveig, che l'anno scorso impazzava, e a me suonava curiosa perché usava l'effetto del cd incantato come bordone facendolo somigliare alle pennate di una chitarra punk, e anche la voce era impertinente e sfacciata come certe cantanti punk (quelle d'epoca, non la pur bellissima Avril Lavigne). Non è canzone di Carnevale, ma qualche sera fa Solveig è andato a Sanremo e mi dicono che ha suonato quella, dunque ci risiamo.
La quarta l'ho dimenticata, e amen. Però potrei cogliere l'occasione della scomparsa del grande Lucio Dalla (benché io l'abbia apprezzato/seguito fino circa a Viaggi organizzati) e parlare di una sua.
Nell'aria c'è molto Caruso, ma è un pezzo che non ho mai amato particolarmente, soprattutto per un motivo.
Mi spiego: tu scrivi una canzone dove c'è Napoli, 'o mare, la notte, l'ammore, nella quale il cantante napoletano più famoso del mondo si abbandona 'e core in un "TE VOJO BEEENE AASSAI", e poi, come secondo verso, prosegui con "ma tanto tanto tanto bene, sai"?
Crolla tutto, su; quel "sai" sembra piemontese (o Marina di Un posto al sole), è affettato, formale, non ci sta a fare niente, ammazza la passione (e c'erano a disposizione mai, guai, fai, amai...) oltre al fatto che in napoletano dovrebbe essere assaje e non assai.
No, meglio ricordarlo con quest'altra, che vola leggera, di un allegrotto sornione e aperto, nell'aria.
Ciao Lucio.