domenica 24 febbraio 2013

Voto Winston

Ingroia è il candidato peggiore: la coalizione era partita cercando partecipazione dal basso e invece è arrivato il nome mediaticamente forte, tra l'altro vagamente manettaro (quella sinistra apparentemente più interessata alle questioni legali-giuridiche che a quelle sociali, anche se nel programma alla fine sono entrate anche quelle). Qualche proposta, poi, non convince.

Il peggiore tranne Vendola, prosecutore di quel bertinottismo molto lirico stilisticamente quanto prosaico nelle alleanze con un PD che c'entra poco con quello che almeno sostiene SEL. Non dimentichiamo poi anche qui un certo verticismo (dal modo in cui Bertinotti dirigeva il partito alla scarsa tolleranza democratica, vedi l'abbandono del PRC dopo aver perso un congresso), nonché la riproposizione di un accordo col PD già disastroso due volte per il modo in cui fu preparato e condotto.

Ma ancora peggio è un PD che si ricorda - e nemmeno tanto spesso - di essere di sinistra solo quando vede la mala parata, per il resto appoggia Monti, è pieno di liberisti (e di gente che appoggia l'abolizione del valore legale del titolo di studio, ovvero la pistola sulla tempia dell'Università pubblica) oltre a tutte le altre che ha combinato. E raccontano che se la loro ala sinistra prende voti faranno un po' più i socialisti. Mah.

Ma è peggio ancora l'ultraliberista Monti, non solo alleato coi democristiani di destra tipo Casini e co., ma è uno che è stato messo al governo a forza perché sobrio, tecnico e bravo a risistemare i conti e che si è dimostrato un buffone (vedi certe uscite sue e dei suoi ministri), NON tecnico e che ha risistemato ben poco, visto che la sua austerità deprime l'economia. L'orrore.

E forse peggio ancora il ducetto Grillo, che per tre cose giuste sull'ambiente e tanta gente di buona volontà mette insieme demagogia e una serie di balle cosmiche (il signoraggio, la biowash, le uscite razziste), oltre ad avere una serie di seguaci invasati che danno veramente ai nervi, oltre a un'idea di democrazia interna tutta chiacchiere e tanti dubbi.

Sicuramente ancora peggio è la grottesca adunata di buffoni incompetenti e maneggioni, per di più con mentalità e atteggiamenti da bimbetti costituita dal PDL: si spara sulla croce rossa con loro, mi limito a dire che se avesse un minimo di decenza stavolta avrebbero saltato il giro. Invece Sirvio tira fuori l'ultima truffa da baraccone mentre fa il puro dopo aver votato per un anno tutto Monti.

E peggissimo sono Casa Pound e destrame vario, che fanno gli amici del popolo dopo che storicamente hanno sempre fatto gli sgherri del capitalismo prestandosi come manodopera per il lavoro sporco contro i partiti e i sindacati che i lavoratori li difendevano davvero, non come loro a chiacchiere che, quando va bene, sono copiate male dai nostri discorsi e dalle nostre analisi e comunque inseriti in mezzo alle peggiori idee espresse dall'umanità: in pratica i soliti fascidemm*§*a, ripuliti per modo di dire (e come fai?).

Churchill diceva che la democrazia è il peggior sistema politico possibile, tranne tutti gli altri che sono molto peggio.
Ecco, Ingroia sarà anche un pessimo candidato con tutti i difetti possibile, ok: ma è il peggiore tranne tutti gli altri.

giovedì 14 febbraio 2013

Le scoperte di quest'anno a Sanremo

A Sanremo hanno finalmente scoperto lo ska. Certo, ce l'avevano portato già gli Statuto tanto tempo fa (Abbiamo vinto il Festival di Sanremo) e i Bad Manners tantissimo tempo fa, ma ora è nel DNA dei cantati e degli orchestrali.
C'è anche tutta un'aria vintage, melodie anticamente allegrotte, dalla Molinari (piaciuta) ad Annalisa (inaspettatamente originale, per essere di Amici), da Gazzè allo swinghino di Cristicchi e altri: sembra di essere a Canzonissima.

Anzi, a questo punto: Ska-nzonissima.

mercoledì 6 febbraio 2013

L'ARTE È ROTONDA (e segue un moto di rivoluzione).

Domanda: calcolando che c'è una corrispondenza tra gli anni più divertenti della mia vita e quelli in cui non seguivo per niente o quasi il calcio (non dico causalità: dico corrispondenza), perché mi capita ancora di accalorarmici?
In teoria, chissenefrega: non vivo in una situazione in cui tifare una squadra ha significati sociopolitici, e bandiera e appartenenza a) li riservo al socialismo b) in certe forme sono roba da militari e quindi fuck.

È che nei suoi momenti migliori considero il calcio una forma d'arte: disciplina umana che richiede sapienza, visione e creatività. Si può fare anche in maniera anonima e meccanica, ma ha anche possibilità appunto d'arte.
E sull'arte ho idee ancor meno moderate che in politica: mi piace quella che azzarda, quella improntata alla stranezza e alla forzatura dei canoni, quella "demente", quella che cerca l'armonia dove non sembra esserci, o che se ne inventa una nuova. Non dico oltranzismo-sempre-e-comunque, perché apprezzo anche la bellezza di una creatività semplicemente leggera e arguta, o una poetica armonicamente compiuta e soprattutto la bellezza della classicità piena -che però è sempre feconda (se uno guarda dietro le cristallizzazioni da manuale/cartolina nasconde sempre spunti interessanti) e sicuramente quando comparve era rivoluzionaria, oltre al fatto che nella sua armonia superiore c'è l'immagine di quell'armonia collettiva e individuale che si insegue con la rivoluzione.
Perché è tutto collegato, e se una canzone o un libro non bastano di sicuro a farti assaltare il palazzo (e tantomeno una partita), è pur vero che un pensiero rivoluzionario non lo aiuta un'arte accomodante, pigra, timorosa, addormentata sui binari del consueto per convenienza o paura della disapprovazione (benché esistano artisti rivoluzionari che però nella vita sono conservatori, e rivoluzionari veri dai gusti artistici timidi).
Perché se la rivoluzione parte innanzitutto da una liberazione mentale, 'sta mente va scossa, spinta, tirata.
Per questo mi piaceva Zeman (e anche perché sono cresciuto con la Roma di Liedholm, che del bel gioco faceva una religione, e al riguardo anche negli anni successivi l'AS Maggica vantava una buona tradizione di scommessa [e non di calcio-scommessa, come invece qualcun altro] sul nuovo, vedi Eriksson e Spalletti): audacia e bellezza, calcio non opportunista ma con una visione diversa.

[anche troppo: non per lui, ma perché si è diffusa la strana idea che siccome azzardava allora doveva essere perfetto (quindi i rimproveri che "non vince", come se ogni anno non ci fossero una ventina abbondante di allenatori che NON vincono nulla), nonché il curioso dogma dell'onnipotenza di Zeman, per cui qualsiasi cosa combini la squadra è colpa sua (strano perché di solito ai dogmi ci credono i fedeli, a questo invece credono i detrattori), dimenticandosi che lui è strano, ok, è pure un personaggio, ma alla fine è un allenatore come gli altri cioè con pregi e difetti, con un suo tipo di gioco che è adatto a certi organici e ad altri meno, tutto qui]

Questi sono i motivi per cui mi piace.
Il culto romantico dell'artista genio e incompreso? Lo slancio verso l'utopia?
Balle: sono un materialista dialettico, il romanticismo c'entra zero, sul culto degli artisti mi sono espresso qui, e l'utopia vagheggiata come sogno bello e irrealizzabile la lascio a quella malaugurata e dannosa categoria di persone che tutte le sue aspirazioni al meglio le confina nel reame dell'ideale, dell'irrealizzabile, finendo così, nel concreto e nel quotidiano, per calarsi le braghe davanti a tutto il peggio: tanto il cambiamento è utopia…
Nella canzone che gli ha dedicato, "La coscienza di Zeman", Venditti fa una cosa del genere dicendo: "il sogno non si realizza quasi mai" - che potrebbe sembrare realistico e conseguente agli indubbi limiti dell'essere umano.
Beh, io invece rispondo con Gaber e il suo "un uomo concreto come un sognatore", e ribatto che "umano" è l'appellativo che Majakovskij usa come lode somma a Lenin, uno che insieme a Marx l'ha piantata con l'utopia ideale e si è messo ad analizzare le condizioni concrete e reali per il cambiamento, per la rivoluzione.
Perché l'utopia è il quadro, l'idea generale verso cui muoversi, ma tocca mettersi a lavorare sul reale per metterla in pratica, perché si può, perché volendo si vince.
E che c'era di più saggiamente realistico che farsi sostenere una rivoluzione, sia pur calcistica, dai soldi dei capitalisti americani (quando uno dice "sporcarsi le mani…")?
Certo, il realismo avrebbe dovuto imporre alla dirigenza italiana di guardare alcuni dettagli tipo appunto la realtà.
E cioè: dopo lo scudetto del '42, in 71 anni la Roma ne ha vinto uno con un altro utopista come Liedholm (che al primo anno arrivò settimo e lo scudetto lo vinse al quarto) e uno con Capello (al suo secondo anno -al primo lo vinse alazzie- e però con campagna acquisti da bancarotta) poi BASTA, non è che li perde solo quando arriva Zeman; che le altre volte che lo ha sfiorato era sempre con allenatori dal gioco originale (unica maniera per supplire - e manco sempre - alle minori disponibilità economiche e al minor potere a palazzo); che la Juve ha sbagliato 4 campagne acquisti negli ultimi anni, prima di rivincere; che Inter e Milan ancora non hanno ricostruito a dovere la squadra; che hai una difesa di ragazzini sudamericani più un nazionale spompato dall'europeo e un Burdisso ultratrentenne, inadatto a quel gioco e reduce da un infortunio tosto; che due anni fa è finita la squadra che era stata quasi uguale per tutti i secondi anni 2000 e che la stai ricostruendo; che anche quando hai soldi le squadre si costruiscono col tempo; che quest'anno hai visto il più spettacolare campionario a memoria d'uomo di errori individuali in difesa (più qualcuno degli arbitri, un po' degli attaccanti, e il buon Murphy appostato con la carabina) - e sì, qualcuno anche di Zeman, ma anche tanti momenti di gran gioco che ben promettevano per il futuro.

Invece lo hanno licenziato, mossa con cui la dirigenza italiana ha dimostrato sia poco realismo sia poco slancio verso l'arte e verso una rivoluzione che sarebbe stata soprattutto culturale: vincere senza svenarsi in campagne acquisti da sceicchi e attraverso la bellezza (e temo che il problema per il sistema/mercato calcio fosse e sia proprio l'eventuale vittoria di un'idea del genere).
Soprattutto poca convinzione nelle proprie scelte, quasi paura.
Tra l'altro, mettendolo in discussione prima ed esonerandolo poi hanno anche dato troppo potere ai giocatori nonché confermato l'idea, del tutto delirante, che siccome Zeman è un allenatore "strano" allora avrebbe meno autorità di un altro, allora lo puoi discutere: boh… questi non sanno nemmeno quello che m'hanno insegnato a 16 anni per fare l'animatore/custode di bimbetti ai campeggi dell'YMCA: che esistono situazioni, e una squadra è una di quelle, in cui l'autorità non deve mai mostrare crepe e/ dissensi, altrimenti perde di efficacia (perché il sospetto di una mezza rivolta della squadra aleggia...).

Niente, quindi delusione: il ritorno di Zeman alla Roma lo aspettavo da 12 anni, perché ci tenevo che la squadra per cui tifo (ma a questo punto con molto meno entusiasmo) si facesse promotrice di una rivoluzione se non altro culturale, guidata dalla e diretta verso la bellezza.
(e dico culturale perché le persone temo siano tutti una banda de destri senza speranza, a parte un paio tra i quali NON c'è Zeman: al riguardo, possibile che dobbiamo sfigurare davanti a quel destro de Sirvio, che quando prese Sacchi dalla serie C, davanti alle prime difficoltà andò negli spogliatoi a dire "l'allenatore è lui, pure se andiamo in serie B"? Così si difende una scelta).

E invece nulla: la rivoluzione ha perso un'altra battaglia.
E ha perso anche un po' l'arte.