mercoledì 21 settembre 2016

Suicide Squad: il film

Visto il film sulla Suicide Squad. E visto che nell’incarnazione anni ’80-’90, è uno dei miei fumetti preferiti (e sul quale mi sono espresso qui), butto giù qualche considerazione.

L’idea di un film con protagonisti “cattivi”, mantenuta dal fumetto (nella fattispecie, supercriminali utilizzati dal governo USA per missioni coperte e pericolose), a quanto pare attrae nonostante non sia nuova: ma “Quella sporca dozzina” è lontano, Diabolik e Fantomas sono roba europea, e, benché “Dexter” invece sia vicino, in quel reame dell’innocenza che per tanti versi è ancora l’America (ma anche nel mainstream generale) il cattivo deve essere in qualche modo “buono”, o riscattarsi, concetto che nel fumetto di Suicide Squad, e anche nel film, c’è poco.
I personaggi infatti sono proprio cattivi, e però umani e sfumati; all’eventuale eroismo o alla bontà ci arrivano quasi per caso, per vie oblique, perché umani e contraddittori, o perché “i cattivi così cattivi non sono mai”, come diceva Fossati, e questi accanto ad un’indubbia stronzaggine mostrano per lo più devastazione interiore, disincanto (in primis verso sé stessi) a livelli di guardia, follia da traumi subiti o autocausati e molti una solitudine quasi disperata: per immedesimarsi ci vuole uno sforzo superiore a quello richiesto da certi altri cattivi-con-codice-morale da Hollywood, cosa non nuova ma per gli USA evidentemente rara; e il resto del mondo probabilmente non se l’aspetta da un film americano di supereroi, genere visto ancora come oasi di moralità ben definite.
Da qui, probabilmente, l’interesse - con conseguenti incassi - per una pellicola anche divertente di un umorismo crudele e nella quale gli attori sono in generale bravissimi (anche se Will Smith - confesso che non avevo mai visto prima d’ora un film con lui - è vagamente stucchevole, e per di più mi ricorda un po’ Fiorello piccolo un po’ un certo Domenico che conosco, cosa che mi fa strano, e Leto mi sia piaciuto sì, ma col personaggio del Joker comincio ad avere problemi).
Il film però è stato generalmente giudicato male: ma a me non è dispiaciuto anche se trovo che un difetto grosso ce l’abbia, dovuto a un mix tra una certa caratteristica dei film di supereroi e questa trama specifica, più che ad altri.
Il problema infatti non è che il film sia basato sulla versione a fumetti più recente, meno “rivoluzionaria” e scritta da autori meno bravi rispetto all’altra: era ovvio che avrebbero scelto questa, anche perché c’è Harley Quinn, uno dei pochi personaggi creati recentemente davvero potenti (a livello di successo e di colpo sull’immaginario, come dimostra tra l’altro il gran numero di cosplayer che la scelgono).
L'Amanda Waller originale,
che teneva testa pure a Batman.
Tra l’altro, la serie alla fine non è neanche male (e nel numero 16 della testata italiana, da poco uscito in edicola, ci sono anche delle riflessioni interessanti sui personaggi e sul gruppo), benché non abbia né possa  avere la forza dell’altra. E poi una delle belle idee che ebbe l’autore del fumetto degli anni ’80, il John Ostrander omaggiato anche nel film (in una scena compare un palazzo in cui ha sede una compagnia col suo nome), era che il funzionario del Governo che creava la squadra era una donna, per di più nera e grassa. Nel fumetto nuovo, stesso nome, genere e colore ma magra - una specie di modella, il che ci era un po’ dispiaciuto (poi si scopre che è la nipote), sembrava un imborghesimento. L’Amanda Waller del film, invece, è più vicina all’originale: meno Halle Berry e più donna "vera".
L'Amanda cinematografica


E il problema non è nemmeno la trama confusa (mi sembra invece abbastanza chiara), o una certa lentezza iniziale, che è innegabile ma serve a introdurre l’idea e i personaggi. E rispetto ad altri esempi di questo genere, qui manca quella goffaggine che hanno certe volte i film di supereroi nel tradurre in scene di carne cose pensate per il fumetto - l’Uomo Ragno disegnato funziona ed è bello, una persona reale con la tutina che spenzola da un palazzo e l’altro funziona, risulta e la accetti meno, l’incredulità non la sospendi altrettanto volentieri. Qua è tutto fluido e abbastanza “naturale”, per quanto si possa (al limite qualche danza dell’Incantatrice non è proprio naturale, ma è veramente un dettaglio).

Il punto secondo me è un altro [e nel paragrafo dopo questo SPOILERO, quindi occhio]: un film di supereroi è diverso da un fumetto perché, banalmente, di fumetti ne escono almeno 12 episodi l’anno mentre di film ne fai uno ogni tanto (ci sono i sequel, ma al massimo 3/4). E dunque, mentre il fumetto presuppone una sequenza continua di storie, una regolarità (nonostante occasionali scossoni di trama e status del personaggio), il film da parte sua è in genere un episodio solo che fa storia a sé, e la storia oltre a essere più ampia deve avere un inizio un centro e una fine, arrivare a una conclusione. Che il gruppo o il personaggio continuino è sottinteso, e la Marvel sta facendo film collegati tra loro per dare più respiro alle trame e all’universo immaginario dei personaggi, ma non si arriva mai alle proporzioni del fumetto.
Questa caratteristica, unita al fatto che l’unica missione che la Squadra affronta nel film sia di fatto nata dalla creazione stessa della Suicide Squad, fa sì che la storia del film alla fine sia: una pazza che crea questa squadra di criminali, ne segue un casino, la squadra lo risolve (con perdite, come da tradizione), e poi torna in carcere. Non è la storia del governo e delle sue azioni coperte unita a quella degli umani che le compiono, non è la storia di una donna di carattere che sa sporcarsi le mani quando è il caso e portarne il peso: sembra piuttosto la storia di un delirio di una squilibrata cinica che vorrebbe risolvere problemi e invece li crea, ottenendo come massimo successo il metterci una pezza dopo, dopo centinaia di vittime. Il tutto, dando tipo 10 anni di sconto di pena a gente che ha tre ergastoli, come dice Captain Boomerang, e che sicuramente non sarebbe andata a rischiarci la vita.
Ecco, mi pare che si sia perso il senso originale della serie, sia vecchia che nuova, senza che ne sia stato dato uno nuovo. Annunciano il sequel, ok, ma è strano, visto che in questo primo episodio non ne hanno posto granché le premesse.

Avrei voluto essere un critico cinematografico vero, di quelli capaci di dire che sguardo dà e restituisce il film sul e al mondo, che idea di corpi e di visione e di destino c'è, ma non lo sono; e dunque mi limito a dire che poi certo, questo è un film di supereroi e vado a cercarci colori, casino, ritmo, battute, se ci scappa pure qualche riflessione, e tutto questo c’era; in più, con personaggi cui voglio bene.
E alla fine mi sono divertito una cifra e il sequel me lo andrò a vedere di corsa: I don’t see the hour!

giovedì 1 settembre 2016

Il giusto approccio, i figli e le salsicce

I PROBLEMI SI RISOLVONO ALLA BASE;
ovvero,
È INUTILE METTERSI LA CREMA CONTRO I BRUFOLI SE POI CONTINUI A MANGIARE SALSICCE FRITTE TUTTI I GIORNI.

Io capisco la ministra Lorenzin, la quale si è sentita in dovere di ricordare un po’ di aritmetica davanti a casi come la Nannini madre a 54 anni, la Marini che a 49 mette gli annunci sul giornale per trovare il padre perfetto per il suo erede, o quel rintronato di Mick Jagger, tra poco di nuovo padre perché a 73 anni ancora non s’è imparato a usare i contraccettivi;

e capisco anche che le difficoltà economiche tutto sommato sono un buon modo, per chi non vuole procreare, per chiudere il discorso coi figlisti integralisti che gli scassano le balle;

però ecco, penso che i figli, visto gli impegni non solo economici che comportano, siano una libera scelta di ognuno.
Ma appunto, una scelta: e se non ho denaro non posso scegliere.

Bisognerebbe che tutti avessero di che vivere bene e, A QUEL PUNTO, scegliere se averne o no.


E quindi, come al solito, la soluzione è il socialismo. Come sempre.